"TUO..."

 

...“Tuo”...

Tuo: è possessivo... Parlando di Dio? Il “tuo” Dio?

Amerai il Signore Dio “tuo”.

Sì, grammaticalmente, è possessivo. È il “mio” Dio,

quello che è di me, che appartiene a me.

Preso alla lettera, questo invito ad amare Dio come il

“mio”, si rivela subito essere l’annientamento di Dio, l’uccidere

Lui stesso attraverso il mio possederLo, il renderLo

“Mio”. Amare il “mio” Dio, preso alla lettera, significa

proprio: ucciderLo in me.

Grammaticalmente, il possessivo porta ad applica re

all’amore la morte.

San Paolo già diceva, a questo proposito, che: “La lettera

uccide, lo Spirito da la vita”. Prendere alla lettera il

Vangelo, secondo le nostre regole, significa annientarne

l’efficacia nella nostra vita.

E allora?

Lo Spirito... Occorre risentire l’invito di Gesù, attra -

verso la voce di Dio stesso, cioè nella fede. Usando un termine

che è improprio, perché nelle distinzioni della grammatica

non esiste, potremmo dire che quel “tuo”, nella vita

della fede, è soprattutto “PRESENTIVO”: cioè che rende

presente a me, che fa appartenere, ma nel senso dell’essere

io par tecipe di una realtà: quella di Dio. Rimane il significato

“possessivo”, ma esso viene rivestito di un nuovo e

superiore significato, che non si può certo trovare scritto

nel vocabolario materiale, ma solo in quello spirituale,

quello della fede: Dio che è mio, nel senso che si rende

parteci pe della mia stessa vita, e io quindi sono partecipe

della sua.

Tuo: “PRESENTIVO”, nella fede.

Un essere “tuo” di Dio, che quindi non sottolinea affatto

il possesso di questa realtà in base alla mia opera, ma

mette in evidenza la Sua presenza come dono, che avviene

nella fede, che rende partecipe, appartenente, la mia

realtà a quella di Lui, perché Lui stesso, attraverso lo

Spirito, si è fatto “mio”, presente a me.

Dio è “tuo”, non perché lo si possiede; se così fosse, non

avresti in mano nient’altro che te stesso, la tua immagine e

opinione di Lui, la sensazione che tu ne hai. Dio è “tuo”,

perché attraverso il dono della fede ti accorgi che Lui è più

presente a te di te stesso, è più vicino ancora del mio stesso

io, è più “me” di me stesso; in questo senso, è “mio”.

Questo accorgersi della fede si rende possibile quanto più

lascio la logica del possesso di ogni cosa, di Dio stesso per

me, e indosso la veste della fede, quella veste dell’”uomo

nuovo” che rende novità non solo l’abito, ma l’identità

stessa di me: essere cristiano, cioè uomo nuovo in Cristo,

fattosi “mio”, cioè più vicino a me di me stesso. Che vale

il farsi vicino di Dio, se il mio “io” sussiste? Resterebbero

sempre separati, non uniti nella stessa realtà: l’amore.

Ma... l’amore allora annulla?...

Se Dio, il “mio”, si fa presente, e il mio “io” scompare,

non è un annientamento della persona, que sto, mentre prevale

soltanto Lui? Se è Lui a venire non come il “mio” nel

senso del possesso, ma della presenza a me, dove vado a

finire io? Scompaio?

L’amore annulla, sì... Annienta quell’”io” che soffoca

me stesso quale immagine di Dio; sì, che annienta, questo

amore... Ma tutto ciò che è l’”io” falso, non vero.

Lo annulla, mentre fa riemergere, in me, ciò che mi

deve essere veramente vicino, perché vi sia la vita: Dio, la

sua realtà.

Io sono Dio, allora?

No, no... Un rapporto di amore che non annulla, ma

approfondisce, nel rispetto della libertà piena, ogni identità.

Tu, diventi sempre più tu, nell’amore. Dio, si rende presente

sempre più come Dio, nel l’amore.

Proprio come fa Lui stesso: UNO E TRINO: una unità,

nella diversità: un amore che nel rapporto approfondisce,

con un’unica realtà, ciò che ognuno è.

L’amore non annulla, potenzia.

Potenzia l’efficacia di Dio in me stesso, quanto più io,

dimenticandomi come l’”io” finito, riscopro di essere un

“IO” immagine di Dio.

Proprio allora, mentre anniento il mio “io”, lo riscopro.

Potenziato della presenza di Dio, l’onnipotente.

Respirerò dell’Onnipotenza.

Mentre rinnego il mio “io”, cioè quel me stesso che

sono io stesso a costruirlo, come se fossi io Dio... Quando

smetto di essere questo “io” che non può sussistere, e

butto via questo “io” da me stesso, ecco che allora mi

sento vuoto... Quel vuoto positivo che mi rende possibile

l’avvicinarsi di Dio stesso, del suo Spirito... Non per prendere

il posto mio, di ciò che sono, ma per farmi rendere

conto di ciò che veramente sono, di quello che veramente

è il mio “IO”: partecipazione di amore con Lui. Non solo

Dio si fa Amore in me, ma io stesso scopro me stesso

come Amore: fatto per Lui. “Il nostro cuore (io) è inquieto,

finché non riposa in Te”: il riposo dell’Amore: l’eterno

riposo. Dovremmo augurarcelo, ogni giorno: “L’eterno

riposo, donaMi, Signore...”