ESSERE PERFETTI...

 

L’essere perfetti nell’Amore

in San Francesco: la “perfetta letizia”

“... Se noi tutte queste cose sosterremo paziente mente e

con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le

quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione,

iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia”.

(Dai Fioretti di San Francesco)

Ecco la perfezione dell’amore, che, oltre che nel

momento dell’Eucarestia, viene concessa come un dono.

La disponibilità a tutto quanto, vivendo nell’esempio di

Gesù. Quella letizia, quella serenità, quell’amore che non

è affatto un impegno della persona, ma che prima di tutto

è un dono, del quale non ci possiamo gloriare, che non ci

possiamo vantare di avere, in quanto è dono, gratuità.

“...In tutti gli altri doni di Dio non ci possiamo gloriare,

però che non sono nostri, ma di Dio...” con inua la testimonianza

del Fioretto; gloriarsi del dono di Dio, significa

renderlo nostro, vanificarlo nella sua efficacia, svuotarlo

della sua grazia, del l’amore che in se stesso esso reca,

come dono. Vantarsi dei doni di Dio non ha senso, perché

è ridurre l’amore a una realtà mia, e quindi non può più

apparire come un dono di Lui, del suo immenso amore.

“...Ma nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci

possiamo gloriare, però che dice l’Apostolo: ‘Io non mi

voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù

Cristo’ “, così si conclude il Fioretto della Perfetta Letizia.

Gloriarsi del dono della Croce di Cristo in sé: ecco

l’occasione di ciò che il Santo chiama: “perfetta letizia”.

Nessuno degli altri doni è occasione di un atteggiamento

che ci porti a gloriarci di esso, proprio perché partendo da

ciò che esso contiene, possiamo ridurlo a una realtà nostra;

l’occasione della Croce di Cristo ci può condurre a gloriarci

di essa, perché essa nulla contiene, essendo il totale

annienta mento, e quindi non può dare occasione di render -

la una nostra realtà.

Nessuno mai si gloria di ciò che è annientamento totale;

a meno che, come per San Francesco, comprenda che

esso è l’inizio e il senso di tutto... E, credendoci fino in

fondo, lo testimoni anche con la vita. Allora, ecco la perfezione

dell’amore: la “perfetta letizia”.

Perfetta letizia, allora, diventa per noi l’affermare di

essere disponibili a tutto, a condividere la stessa Croce di

Cristo, perché in essa Egli ci dona la Risurrezione, la “perfetta

letizia”. Solo il dono della Croce ci porta a gloriarci

di esso, non solo perché lo testimoniamo come inizio e

senso di tutto, ma perché esso anticipa in noi, già ora, la

Gloria stessa.

Ecco perché di essa ci si deve gloriare.

“...Cuore... Anima... Mente... Te stesso...”

Sono come i gradini del piacere, che conducono

all’amore.

Gesù, nella proposta dell’amore, non parte dal pre -

sentarci una realtà ideale, lontana, astratta, ma una situazione

che possiamo realizzare partendo proprio da noi, da

ciò che fa parte del nostro essere uomini, persone: il cuore,

l’anima, la mente, noi stessi. L’amore non è un dono che

discende dal cielo, come una realtà staccata dal nostro esistere,

separata; ma discende per raccogliere ciò che noi

siamo chiamati a essere pienamente, e che già possediamo,

in parte. Per valorizzarci, il Signore non parte dal suo

dono portato su di noi come fosse una realtà separata e

diversa da ciò che noi siamo, ma parte proprio dal nostro

orgoglio, che, vissuto in senso positivo, diventa la spinta

per salire dal piacere, da ciò che ci piace, all’amore, a ciò

che vale. Gesù ci invita a riscoprire la realtà dell’amore,

par tendo proprio dalla realtà del piacere: dal cuore... Da

ciò che noi facciamo partire da noi stessi come una realtà

piacevole.

E così, noi stessi: “...Te stesso...”. È questo il luogo

della scelta: o per te stesso, per il tuo piacere (ecco la

prima possibilità), o da te stesso, verso l’amore (ecco la

seconda possibilità).

Me stesso, quindi il mio orgoglio... È questa la realtà

sulla quale siamo chiamati ad operare, di fronte alla proposta

dell’amore, la scelta: o per me, o attraverso di me,

per qualcosa di più grande: l’amore.

Appare necessario, oltre a richiamare l’iniziale quesito:

che cos’è questo amore del Vangelo, sottolineare che

l’amore passa non sopra, ma attraverso di noi, com -

prendendo anche quelle realtà che si possono rivelare, con

le nostre scelte, il luogo dove l’amore muore. Nel cuore,

ognuno di noi, di fronte alla proposta dell’amore, decide

di vivere il proprio cuore come una fonte solo per sé,

oppure aprire questa realtà a qualcosa di più grande:

l’amore. Il cuore come fonte dell’amore per sé, o come

fonte dell’accoglienza dell’amore proposto dal Vangelo.

L’anima, come realtà per sé, o come aperta a una vita più

grande: la vita dell’amore.

La mente, come realtà che considero solo come attività

decisionale mia, oppure anche aperta alle considerazioni

che l’amore suggerisce. Infine, me stesso, come realtà

aperta a un Me Stesso più grande, che addirittura si scopre

infinito, reso tale dalla presenza dell’Amore, oppure come

un me stesso sufficiente a sé, che non ha bisogno, che si

basta... Che dice: basta, all’amore che si propone, rendendolo

“finito”, e quindi, rendendosi finito. Cuore, anima,

mente, me stesso... Sono come dei passi, attraverso i quali,

con l’atteggiamento della disponibilità, ci avviciniamo

sempre più a un cuore, un’anima, una mente, un me

stesso più grandi: l’Amore.

Un Amore che mi rende infinito, partendo dalla finitezza.

A questo punto, possiamo dire che la proposta del

“primo” dei comandamenti ci chiede di essere noi stessi,

fino in fondo, nella totalità e nella pienezza delle nostre

realtà.

Il Signore ci propone non di fare qualcosa per lui, ma

di fare qualcosa di importante e di fondamentale per noi:

essere noi stessi fino in fondo, riscoprirci come tali.

Ciò richiede, da parte nostra, una Conversione... Non

però direttamente a Lui, no. Una conversione ancora su di

noi, un “pentirsi” e convertirsi iniziando a guardare meglio

in noi stessi. Convertirsi non significa prima di tutto fare il

passo verso Dio, ma anzitutto rivolgere meglio i passi verso

di noi, perché, poi, anche i passi che compiremo verso Dio

siano più significativi e profondi. Dio non ci chiede di rivolgerci

direttamente a Lui, ma, attraverso il “cuore”,

l’“anima”, la “mente”, “noi stessi”, “il prossimo”.

Queste sono le realtà che ci fanno recuperare la

Conversione a Lui come una situazione di grazia che parte

dal dire di sì a quelle grazie che Dio pone le più vicine a noi.

Cuore, anima, mente, me stesso, il prossimo... Sono

queste le grazie che Dio ha posto per me, per ché io mi

converta, attraverso di esse, a Lui... PIENAMENTE...

Perché cosa ci può essere più pieno in me di me stesso?

L’amore rende possibile dire il SÌ a queste realtà dentro

di noi, perché veramente divengano occasione per vivere

il rapporto con Dio in un modo non separato, ma profondamente

unito. Dire di sì a Dio che considero come una

realtà che mi si propone da fuori, certo non è una risposta

negativa... Ma resta esterna, superficiale e profondamente

ambigua, in quanto Dio rimane il separato, il diverso da

me... Solo questo. Dire di sì a Dio partendo dal cuore... Da

ciò che sono, questa è invece la decisione più profonda,

quella della conversione vera, che implica il dirigere me

stesso a Lui, e non tanto il dirigersi di Lui su di me.

Qui, allora, non vi è più ambiguità, perché Dio diviene

il CUORE del mio cuore, l’ANIMA della mia anima, la

MENTE della mia mente, il ME STESSO di me stesso, il

PROSSIMO del mio essere prossimo. Non identificazione,

ma rapporto profondo di amore, nel quale il mio sì

assume una profondità notevole, totale: “...Con tutto il

mio cuore, con tutta la mia anima, con tutta la mia

mente...”. Il cuore resta il “mio”, così l’anima, così la

mente, così io stesso, rimango io... Ma lo divengo piena -

mente, nel rapporto valorizzante dell’amore che mi si era

proposto e che io, ora, accolgo. Conversione è volgersi a

Dio... ...Non volgersi a quel Dio che mi si propone da

fuori di me: “Non avrai altro Dio al di fuori di me”: un Dio

che si propone da fuori non ha nessuna consistenza... È

volgersi a quel Dio che, in te, si propone come una realtà

infinita, e che ti invita ad essere anche tu così: aperto

all’infinito, nell’essere partecipe del suo Amore.