Nella realtà dell’amore
il prossimo si rivela
Nel rapporto di amore, tutto si apre: il prossimo si rivela.
Si rivela a noi Dio, anzitutto, con la Sua presenza; poi,
si rivela a noi ciò che ancora di noi non conoscevamo e
non vivevamo; infine, si apre a noi la realtà del segno del
prossimo, come quella situazione che, di continuo, accanto
a noi, diventa lo sti molo che ci rimanda di nuovo a noi
stessi e a Dio.
Senza la realtà dell’amore, tutto si chiude: il prossimo
non lo vediamo più.
Scompare a noi Dio, con la sua presenza, e di esso
abbiamo solo delle ombre vaghe, che ci portano solo a
delle illusioni, a dèi falsi e a degli idoli; noi, senza amore,
restiamo sempre più invisibili a noi stessi in ciò che veramente
siamo, e ci comprendiamo sempre meno nelle
nostre situazioni; infine, il prossimo non avrà altro significato
che quello che parte da noi, da un noi già buio e
incapace di distinguere se stesso, e ora, tanto più lo sarà
per capire il segno del l’altro e per comprenderlo...
Saremo sempre più, inevitabilmente, chiusi anche all’altro.
Nel rapporto di amore, amare Dio come me stesso è
sempre un atto fecondo, che apre me stesso a Dio, che è
l’infinito, cioè l’apertura per eccellenza.
Se non c’è però questo rapporto di amore, amare Dio
come me stesso diventa una morsa mortale, per ché è porre
in atto questo atteggiamento: amo Dio come me stesso,
come voglio io, sulle mie misure. Dio viene separato,
allontanato e ucciso nella mia esperienza di vita. Amare,
resterebbe in me come una scelta a livello di idee provenienti
da me e da null’altro che da me stesso... Cioè, diverrebbe,
a questo punto, l’atto più intenso dell’egoismo della
mia persona. Ucciderei, in me, quel “prossimo” che è Dio,
che sono io, che è la possibilità di accogliere l’altro come
tale. Ucciderei...
Senza il rapporto di amore, tutto ciò che chiamiamo
con questo nome potrebbe essere qualunque realtà, anche
la più atroce... Sì, anche questa potremmo giustificarla e
avvallarla, a questo punto, nel nome dell’amore, quando
ne mancasse l’effettiva esperienza.
E, a questo riguardo, avrebbe pienamente ragione quel
tizio che, riguardo alla religione, si esprimeva così: “La
religione...? È l’oppio dei popoli...”. Senza amore, tutto
diviene un’illusione, una droga che ci fa vedere un Dio
effetto della nostra illusione, che ci fa vedere un “noi”
effetto ancora dell’illusione alla quale siamo soggetti; e
anche il prossimo, non lo accogliamo com’è nella realtà,
ma gestendo il rapporto con esso secondo la nostra illusione.
Senza amore, non solo manca a noi la rivelazione della
realtà vera di ogni cosa, ma subentra l’illusione che ci fa
credere in essa, apparendo così, di fronte a tutti quanti
come dei sognatori, degli illusi e dei “pii drogati”, incapaci
di vivere nella verità dell’amore.