Amore Dio. Io
Il rapporto d’amore con Dio mi potenzia, nel senso che
mi fa riscoprire sempre più come divino, fatto a Sua
immagine; e Dio stesso, si rende presente, ma non come
“mio” possesso: come presenza infinita... Che, col soffio
del Suo Spirito, mi dice: puoi esserlo anche tu.
...“Con tutto”...
Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta
la tua anima, con tutta la tua mente.
Non è un invito allo sforzo, questo. Non è da intendere
come un cercare di sforzarsi con il cuore, con l’anima e
con la mente... No. Lo sforzo rischierebbe di indurci
all’agitazione, alla preoccupazione, e alle paure per non
riuscire; inoltre, se fosse lo sforzo ciò che ci viene chiesto,
amare risulterebbe non un dono ma una nostra opera. È
l’invito alla disponibilità: fare spazio, liberare il cuore,
l’anima, la mente da noi stessi, perché vi entri l’amore.
Ciò non richiede tanto lo sforzo, ma l’accorgersi che
l’amore c’è, l’aprire gli occhi della fede. Non è tanto un
invito a impegnarsi perché il cuore, l’anima e la mente
amino, sempre più, del tutto; è invece l’accorgersi che Dio
ama, e rendere disponibile cuore, anima e mente perché
l’amore si renda presente in essi, totalmente, in pienezza.
Il cuore, l’anima e la mente sono quelle realtà attraverso le
quali Dio si fa presente a noi. Il nostro impegno non è quello
di costruire in essi l’amore, ma di lasciare che l’amore si
renda presente in essi, attraverso la nostra disponibilità. E
ciò ci fa comprendere che l’amore non è mai una realtà di
nostra iniziativa, ma è sempre risposta all’iniziativa di Dio;
una risposta non passiva, atti va, attraverso le scelte del
nostro sì a Lui; ma la prima scelta, la prima azione e il
primo passo sono fatti dall’amore, da Dio.
“Tutto”: come sarebbe possibile che tutto di noi fosse
in Dio, partendo da noi stessi? Mai vi riusciremmo.
‘Tutto” si può rendere presente in noi, se la realtà parte
da Dio: Lui, sì, totalmente, si può rendere pre sente in tutto
il nostro cuore, in tutta la nostra anima, in tutta la nostra
mente: nella nostra vita, quando la disponiamo alla sua
iniziativa di amore.
Cuore, anima e mente sono i luoghi attraverso i quali
Dio si rende presente a noi, totalmente. Amerai il Signore
Dio tuo con tutto il cuore: l’amo re si rende presente attraverso
il tuo cuore in modo pieno, riempiendolo di esso.
Amerai il Signore Dio tuo con tutta la tua anima:
l’amore si propone come realtà che colma la tua anima,
che rende viva l’anima.
Amerai il Signore Dio tuo con tutta la tua mente:
l’amore si propone come realtà che orienta e guida il tuo
pensare. Tutto resta “tuo”, non si annienta; viene animato
dalla presenza di amore che Dio ti propone, in totalità e in
pienezza.
Amerai II Signore Dio tuo
il Signore Dio tuo ti ama
con tutto il cuore, in tutto il cuore,
con tutta la tua anima, in tutta la tua ani ma,
con tutta la tua mente, in tutta la tua men te.
Il comandamento non è solo un invito all’uomo ad
amare. È, soprattutto, l’affermazione della proposta di
Dio, alla quale si invita poi l’uomo a rispondere.
Il comandamento, prima che essere dell’uomo, è di
Dio. Prima che essere la risposta che l’uomo è invitato a
dire, è la proposta che Dio stesso fa. Il comandamento
appare essere allora non tanto un comando, come può
essere considerato dall’uomo, ma l’affermazione di un
“mandamento”, cioè di un “mandato”: il mandato dell’amore,
che è proprio di Dio, e al quale l’uomo è invitato
a partecipare.
La missione dell’amore. Il mandato di amore.
Nel termine latino, comandamento è espresso, infatti,
con “mandatum”.
Al di là della semplice interpretazione del coman -
damento come un comando, appare allora il significato di
esso come l’affermazione di ciò che è Dio e di ciò che
dovrebbe essere la vita dell’uomo: un mandato d’amore.
Dio, per amore, invia suo Figlio; per amore, Egli
manda lo Spirito; e per amore, lo Spirito manda l’uomo,
suscita in lui questo mandato: l’amore. Il mandato dell’amore
si realizza in me quando dico di sì all’affermazione
di Dio, che si propone come colui che mi ama, in tutto
il cuore, in tutta la mia anima, in tutta la mia mente; cioè,
colmando dell’amore tutta la mia vita.
Obbedire al comandamento dell’amore significa dire sì
a Dio che si propone a me come amante. Dio è colui che
si fa inviato d’amore per l’uomo; e propone all’uomo di
realizzare così la propria esistenza: come un mandato di
amore, animato da Dio stesso e volto all’apertura agli altri.
È il comandamento più grande perché ci fa avvicinare alla
realtà di Dio e dell’uomo nelle loro profondità: Dio è colui
che ama; e all’uomo viene proposto di realizzarsi nell’essere
mandato per amare, uscendo da se stesso e realizzandosi
alla luce di questo comandamento dell’amore. È il
comandamento più grande, e il primo, perché è il più vicino
a Dio e il più vicino a ciò che è, nel profondo, la realtà
dell’uomo: un mandato del l’amore.
Disobbedire al comandamento significa, a questo
punto, non solo non essere più in grado di riconoscere Dio
come tale, ma anche non riconoscere più nemmeno se
stessi come uomini, non riuscire più a vedere noi stessi
nella verità più profonda di ciò che siamo.
“Il secondo è simile al primo:
Amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Dio giunge a me attraverso il prossimo, attraverso il
segno di chiunque mi si fa vicino. Il prossimo, che, come
Dio, si fa “mio”, cioè presente a me, perché io accolga
l’amore. “Come te stesso...”: come colui che porta, come
me a me stesso, la presenza di Dio. Come io, accogliendo
in me la realtà dell’amore, scopro la possibilità di gustare
la presenza di Dio, così il prossimo, accolto da me come
un “me stesso”, diventa l’occasione per l’incontro con
Lui. Proprio come io, nonostante le mie pecche e i miei
difetti, ho la possibilità di accogliere l’amore, così il prossimo:
nonostante le sue pecche e i suoi difetti, rivela a me
la possibilità di accogliere e sentire Dio nella mia vita.
Dio mi propone non direttamente e apertamente il suo
amore, ma attraverso il segno del prossimo; esso è la
garanzia che ciò che sto incontrando veramente è Dio, e
non il “mio” dio, un idolo, un falso. Infatti, il prossimo,
ogni volta che si avvicina a me, diventa occasione per me
di scoprirmi come più disponibile, aprendo di più il cuore,
l’anima e la mente a lui, e quindi a Dio e alla sua presenza;
può anche succedere che, di fronte al prossimo che si
avvicina, il mio atteggiamento mi faccia scoprire come un
incapace ad accogliere: allora, esso è l’occasione per farmi
prendere coscienza che ho ancora del cammino da fare
perché si possa realizzare quel “tutto” della tota le disponibilità,
che mi permette l’incontro con Dio.
Amerai II prossimo tuo
il prossimo tuo ti rivela l’amore
come te stesso secondo quello che tu sei.
Se dietro il prossimo si nasconde l’amore del Vangelo,
è anche vero che questo amore si rivela, a seconda del
nostro atteggiamento in positivo che assumiamo nei confronti
di chi a noi si fa vicino. Il prossimo è segno dell’amore.
Se rifiutiamo il segno, non vediamo questo amore
in noi né fuori; se lo accogliamo, scopriamo la presenza
dell’amore dentro e fuori di noi. Anche questo comandamento,
“simile al primo”, più che comando è una affermazione:
il prossimo tuo ti rivela l’amore, secondo quello che
tu sei nei suoi confronti: se sei aperto, sentirai e gusterai
l’a more del Vangelo; se chiuso a lui, l’amore del Vangelo
resterà sempre più lontano e inutile per la tua vita... Anche
se lo chiamerai sempre amore. Il prossimo ti aiuta ad esprimere
quello che devi essere in verità: colui che realizza il
mandato del l’amore fuori da sé, verso l’altro, verso Dio. Il
prossimo non è Dio... come, d’altronde, io non sono Dio:
egli è l’occasione che Dio stesso mi pone accanto perché,
nell’accogliere questo segno, io mi renda sempre più, nella
totalità assoluta, disponibile alla Sua presenza.